Secondo i dati emersi dall’indagine ‘I ragazzi e il cyberbullismo’ realizzata da Ipsos per Save the Children i 2/3 dei minori italiani riconoscono nel cyberbullismo la principale minaccia, che investe la scuola, la vita privata, le attività di svago, tutti gli ambiti principali di vita.

“La ricerca oltre a fornire una fotografia sulle abitudini di fruizione del web da parte dei ragazzi italiani, indaga sull’inclinazione sempre più frequente tra i pre-adolescenti, ma ancor di più tra i teenager, a sperimentare attraverso l’uso delle nuove tecnologie una socialità aggressiva, denigratoria, discriminatoria e purtroppo spesso violenta”.

Per la maggioranza dei ragazzi intervistati i fenomeni di bullismo “virtuali” sono peggiori di quelli reali per chi li subisce perché non ci sarebbe limite a cio che si può dire e fare, può avvenire di giorno e di notte,  complice anche l’anonimato.

Tra gli effetti del cyberbullismo c’è l’isolamento perché chi lo subisce spesso si rifiuta di andare a scuola sospende le attività sportive; ne risentono, quindi, fortemente le attività proncipali dei ragazzi e la socialità. Il disagio inoltre può portare a conseguenze psicologiche come la depressione.

L’indagine ha messo in evidenza anche il ruolo degli adulti. I ragazzi sembrano trovare conforto prevalentemente nella sfera familiare dove in genere ricercano la soluzione al problema. Però, sempre in merito al ruolo degli adulti, dall’indagine emerge che il 41% dei ragazzi invoca maggiore vigilanza da parte dei genitori. Inoltre i ragazzi sembrano consapevoli del ruolo e responsabilità dei gestori delle piattaforme social e si aspettano da questi contromisure per contrastare questi fenomeni.

Intervistati sulle contromisure adottare per arginare il fenomeno la maggioranza dei ragazzi ha suggerito attività di informazione, sensibilizzazione e prevenzione che coinvolgano di scuola, istituzioni e genitori.

Fonte: http://www.savethechildren.it/IT/Tool/Press/Single?id_press=549

Safer Internet Day Study – il cyberbullismo http://images.savethechildren.it/IT/f/img_pubblicazioni/img204_b.pdf

Dall’indagine sembra emergere che in alcuni casi sono i ragazzi stessi a chiedere più controllo. Purtroppo i cosidetti “nativi digitali” utilizzano con facilità strumenti di cui rischiano di comprendere le implicazioni e complicazioni dalle conseguenze, quando oramai si trovano in difficoltà. In questo senso un coinvolgimento di tutte le realtà implicate, famiglia, scuola, istituzioni ecc  può essere utile a evitare che si creino situazioni spiacevoli.

Il fenomeno è complesso perché vanno considerate le diverse figure interessate. Ad esempio, cosa spinge dei ragazzi ad utilizzare il web per aggredire dei coetanei? Come sensibilizzare i ragazzi ad una maggior tutela della propria privacy onde evitare di facilitare l’attacco? E laddove oramai un ragazzo è stato preso di mira in che modo famiglia, amici e scuola possono aiutarlo a gestire la situazione senza farlo sentire isolato? E ancora, i familiari come possono prevenire o intervenire per fermare i comportamenti di bullismo messi in atto dai figli? La famiglia e la scuola come possono contribuire a far sì che i ragazzi imparino a stabilire relazioni basate sul rispetto reciproco?

Di: Letizia Mannino

2 pensieri su “L’indagine di Save the Children sul cyberbullismo

  1. Domande interessanti, ognuna delle quali richiede un’attenzione alla risposta che ancora non si è vista.I ragazzi aggrediscono perchè non immediatamente visibili dall’aggredito, a volte non identificabili, e nello stesso tempo,paradossalmente, non riescono a cogliere l’aspetto che si ritorce loro contro che è la difesa della propria persona. Sul concetto di privacy e di intimità e della difesa della personale sfera affettiva bisognerebbe farli riflettere. I genitori dovrebbero avere con i docenti un rapporto di ferreo dialogo che oggi si è perduto. I genitori sono latitanti, i colloqui con gli insegnanti evitati, salvo poi accusare di non essere stati avvisati. Ma non sono loro i primi custodi dei loro figli? No, oggi non è più così…i genitori non sanno cosa fanno ,cosa sentono i loro figli, ci vuole qualcuno che li informi con lettera raccomandata! Forse bisogna ripartire da qui.

    1. L’obiettivo dovrebbe essere che scuola e famiglia collaborino serenamente ai fini di una adeguata educazione e crescita emotiva, relazionale, culturale, intellettuale di bambini e ragazzi.
      Certamente le basi dell’educazione le getta la famiglia perchè è in questo contesto che si instaurano le prime relazioni e in genere si acquisiscono dei modelli. Tuttavia la scuola è riuscita spesso a compensare le difficoltà che possono incontrare le famiglie nel seguire i figli, difficoltà che possono essere di varia natura ( salute, problemi economici, lontananza, conflittualità con il partner o difficoltà di relazione con il figlio, ecc.). In questi casi, ma non solo, gli insegnanti possono essere una grande risorsa, un valido sostegno e una guida per i ragazzi.
      Paradossalmente sembra che le difficoltà maggiori la scuola le incontri proprio quando la famiglia in qualche modo è presente se, per esempio, il figlio si imbatte in qualche ostacolo nel rendimento scolastico o manifesta comportamenti non appropriati. In tale circostanza i genitori possono vivere male le osservazioni degli insegnanti. In questi casi, la famiglia, proprio perche si sente presente può avvertire come una critica ciò che le viene segnalato perché lo vive come una messa in discussione del suo operato arrivando in certe circostanze quasi a negare i problemi incontrati dal figlio. D’altra parte è anche vero che talvolta i docenti possono sbagliare, fare valutazioni non adeguatamente complete e invece di aiutare i ragazzi ad emergere da situazioni difficili sembrano “cristalizzarli” in quella posizione,
      Sarebbe necessario trovare una valida sinergia tra scuola e famiglie, dove la crescita dei ragazzi venga considerata l’obiettivo centrale e comune, evitando quindi un rimbalzare reciproco di responsabilità.

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