Tutti gli articoli di Letizia Mannino
Capire il sovrappeso dei figli
L’ANSA riporta la notizia di uno studio dell’Università di San Diego e pubblicato Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics dal quale emerge che un terzo dei genitori di bambini obesi o in sovrappeso ha difficoltà a valutare la situazione tanto da ritenere ritenere che i figli siano perfettamente in salute.
Quanto rilevato dalla ricerca è in linea con un altro studio, pubblicato dalla rivista Pediatrics, secondo cui metà dei genitori con un figlio sovrappeso o obeso pensa invece che sia perfettamente in linea.
La ricerca ha anche evidenziato come i genitori sarebbero molto più orientati a far cambiare dieta (il 61% ci ha provato) rispetto a far aumentare l’esercizio fisico (41%). Quest’ultime percentuali scendono ulteriormente se anche i genitori hanno problemi di peso.
Fonte ANSA – Leggi la notizia
Obesità e sovrappeso hanno cause multifattoriali tra cui possono svolgere un ruolo i fattori emotivi. E’ importante che i genitori riconoscano il sovrappeso, senza drammatizzare, e ne parlino con gli specialisti al fine di favorire la prevenzione di ulteriori problemi e di individuare l’approccio più adeguato. Se, per esempio, le cause sono di tipo emotivo (insicurezza, disagio nella relazione con gli altri) le diete non solo risulteranno inefficaci ma possono accentuare le insicurezze sull’aspetto fisico.
Scritto da: Letizia ManninoCosa fa scattare l’alchimia?
Una studio condotto da un team internazionale di ricercatori – del Centro interdisciplinare di Herzliya (Israele) e delle università statunitensi di Rochester (New York) e dell’Illinois a Urbana-Champaign – ha cercato di comprendere cosa fa scattare l’alchimia, l’interesse e l’attrazione per gli uomini e per le donne. Dallo studio è emerso che generalmente per gli uomini la scintilla al primo appuntamento scatta per una ragazza carina e comprensiva che ai loro occhi appare anche più femminile e sessualmente desiderabile; non è stato invece individuato cosa fa scattare l’interesse nelle donne.
Le attenzioni, per esempio, non funzionano automaticamente per le donne. O quantomeno non fanno scattare l’amore a prima vista ma possono far scattare reazioni variabili sia di attrazione che di allontanamento. Le donne, spiegano i ricercatori, sono più caute dell’uomo nell’interpretare le espressioni di interesse di un estraneo e non vengono necessariamente condizionate dalle attenzioni; molto dipende da come vengono interpreati gli atteggiamenti. L’uomo invece tende a fidarsi e non riflette più di tanto sui secondi fini.
Lo studio, concludono i ricercatori, riesce a spiegare le regole dell’attrazione che guidano l’uomo ma non svela il segreto per conquistare una donna.
Fonte: La Repubblica – Leggi l’articolo
Scritto da: Letizia ManninoLeggere fin da piccoli…
Secondo studio condotto da esperti dell’università di Edimburgo e del King’s College di Londra, i bambini che a 7 anni o prima ancora mostrano già spiccate abilità nella lettura, nel tempo svilupperanno maggiori competenze cognitive; non solo solo sul fronte dell’intelligenza verbale, ma anche in relazione a tante altre capacità intellettuali. Nella ricerca pubblicata sulla rivista Child Development sono stati sottoposti a test circa 1.890 gemelli omozigoti.
Stuart Ritchie, autore principale della ricerca, mette in evidenza come i risultati hanno chiare implicazioni per l’insegnamento. Porre rimedio precocemente ad eventuali difficoltà di lettura influisce non solo sull’alfabetizzazione ma anche sullo sviluppo di altre abilità cognitive.
Fonte Agenzie di stampa:
ANSA – Leggi la notizia
AGI – Leggi la notizia
Scritto da: Letizia ManninoMamme in ansia…
Uno studio tedesco mette in correlazione l’ansia delle mamme, già da quando sono in attesa, e il pianto del bambino. La ricerca condotta da Johanna Petzoldt dell’Università di Dresden e pubblicata sulla rivista Archives of Disease in Childhood ha coinvolto quasi 300 gestanti che sono state seguite dall’inizio della gravidanza fino al parto e successivamente ricontattate quando il bimbo aveva 4 e 16 mesi. L’osservazione ha evidenziato che laddove la mamma soffriva d’ansia era più probabile che il bimbo presentasse pianti prolungati (fino a 2-3 ore) e per più giorni della settimana.
Simonetta Gentile, Responsabile di Psicologia Clinica dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma commenta che lo studio conferma ciò che si ossserva abitualmente nella pratica clinica : “Il comportamento del bambino dipende molto dallo stile di attaccamento che si genera con la mamma – spiega Gentile – quindi è chiaro che un attaccamento sicuro e una mamma che non va subito in ansia favorisce uno sviluppo più armonico del bambino e il piccolo diventa più resiliente”.
Fonte ANSA – Leggi la Notizia
Diversi studi condotti sulla teoria dell’attaccamento da Bowlby e collaboratori hanno messo in evidenza la possibile correlazione fra lo stile di accudimento materno, ma non solo, e lo sviluppo di un senso di sicurezza personale del bambino. Individuare questi aspetti è importante per poter interrompere eventuali circoli viziosi. Infatti una mamma in ansia corre il rischio di essere ulteriormente ‘allarmata’ da un bimbo che piange in modo ‘inconsolabile’. Per le neomamma, quindi, può risultare importante capire il motivo dei propri stati ansiosi; così facendo non solo la mamma potrà ritovare una maggiore tranquillità ma si facilita l’instaurarsi di una relazione con il bimbo più serena e sintonica.
Scritto da: Letizia ManninoIl divorzio si ‘eredita’?
Sul quotidiano ‘La Repubblica’ un articolo dal titolo ‘I figli dei divorziati divorziano di più?‘ che riporta il parere di diversi esperti sull’argomento. Elizabeth Marquard, che ha condotto uno studio su 1.500 figli di coppie divorziate ha concluso che il divorzio può essere necessario, ma non è mai buono.
Da uno studio europeo (finlandese, del National Public Health Institute), su 1471 studenti intervistati a 16 e poi a 32 anni è emerso che i figli di genitori separati hanno un tasso maggiore di separazione, divorzio e comportamenti a rischio rispetto a quelli delle coppie stabili. Per la ricerca, il divorzio dei genitori costituisce una «base di vulnerabilità».
Gian Ettore Gassani, presidente della Associazione Matrimonialisti Italiani ritiene che i figli dei divorziati siano in parte responsabili del calo dei matrimoni e che le nozze oggi si affrontano con più cautela.
Per Umberto Galimberti se in alcuni casi le separazioni possono essere necessarie si deve avere comunque chiaro che la scelta avrà delle conseguenze sui figli.
Fonte: La Repubblica – Leggi l’articolo
I figli possono soffrire per il divorzio dei genitori e possono soffrire anche se questi restano insieme se la convivenza non corrisponde ad una reale armonia e serenità.
Se è vero come dice Galimberti che quando si sceglie il divorzio non bisogna poi cercare alibi, occorre però differenziare le situazioni perché forse non tutte le separazioni e divorzi si attuano con le stesse modalità. Se i genitori riescono a mantenere e costruire una relazione con i figli e anteporre le loro esigenze, gli effetti dolorosi e disorientanti possono essere più contenuti e gestibili.
Un altro aspetto che può risultare importante è come avviene il processo di svincolo dalla famiglia. Tanto più un figlio riesce a vedere l’esperienza del divorzio dei genitori come espressione del loro modo specifico di essere persone, coppia e genitori, tanto più potrà cercare di comprendere il loro punto di vista senza generalizzarlo al funzionamento dei rapporti sentimentali e affettivi in genere; quindi senza sviluppare una sfiducia nelle relazioni di coppia e nella famiglia. Così facendo i figli di divorziati potranno investire nella propria storia affettiva in modo individuale, traendo magari insegnamento dall’esperienza dei propri genitori.
Scritto da: Letizia ManninoLeggere per ‘leggere la mente’
Sul Corriere della Sera un articolo dedicato all’importanza di leggere libri per imparare a comprendere gli altri. Ma non tutti i libri avrebbero questo effetto. Gli esperimenti di Emanuele Castano della New School for Social Research di New York e pubblicati di recente su Science, mettono in evidenza come solo chi legge buona letteratura è più bravo a comprendere e fare ipotesi sui pensieri dell’interlocutore. L’ipotesi è che i classici della letteratura descrivano personaggi più complessi che costringono il lettore a guardare la realtà da diverse prospettive; processo che sembrerebbe non verificarsi quando si legge un romanzo con una decsrizione meno approfondita dei personaggi.
E’ importante quindi far vivere la lettura come un piacere fin da piccoli. Giorgio Tamburlini presidente del Centro per la Salute del Bambini Onlus spiega come la lettura dovrebbe essere un occasione di relazione con l’adulto; ad esempio i genitori, o altri adulti, dovrebbero avere l’abitudine di leggere quotidianamente storie al bambino.
Fonte: Corriere della Sera, Salute – Leggi l’articolo
Scritto da: Letizia ManninoStress… di coppia
Fonte: ‘La Settimana Enigmistica’ del 17 luglio 2014
Pensare in solitudine
Restare da soli con i propri pensieri può essere vissuto in modo così disturbante che alcuni partecipanti ad un esperimento hanno preferito impegnarsi in qualcosa di spiacevole, come delle piccole scosse elettriche, piuttosto che far lavorare la mente in solitudine. È quanto emerso da una ricerca effettuata da alcuni psicologi dell’Università della Virginia a Charlottesville interessati a studiare la capacità di astrarsi dall’ambiente in cui ci si trova e concentrarsi su di sé.
Nella ricerca pubblicata su Science i ricercatori hanno progettato 11 varianti di un esperimento in cui i soggetti non dovevano far altro che trascorrere brevi periodi di tempo – dai 6 ai 15 minuti – da soli in una stanza, non facendo altro che pensare, riflettere o sognare a occhi aperti.
Alle domande poste successivamente dai ricercatori, la maggior parte dei soggetti ha detto di aver trovato difficoltà a concentrarsi e che la loro mente vagava. Nel caso in cui l’esperimento è stato svolto a casa, un terzo dei partecipanti ha ammesso di non aver seguito correttamente il compito e di essersi ‘distratto’ in qualche attività come l’ascolto di musica o altro.
Fonte: Le Scienze – Leggi l’articolo
Come mettono in evidenza i ricercatori stessi è vero che probabilmente una cosa è pensare dietro richiesta e altra farlo spontaneamente e in modo naturale, ma quanto sembra emergere dall’esperimento potrebbe anche essere espressione della difficoltà che talvolta le persone possono avvertire stando da sole a riflettere; modalità, quest’ultime, che però possono risultare importanti ai fini dell’autoriflessione e della comprensione di sé e degli altri.
Educazione finanziaria
Il Rapporto OCSE-PISA 2012 sulle competenze finanziarie dei giovani evidenzia che i quindicenni italiani hanno una alfabetizzazione finanziaria inferiore a quella dei coetanei dei paesi OCSE partecipanti. Uno studente su cinque non raggiunge il livello base di competenze.
La competenza finanziaria per il rapporto viene definita come “la conoscenza e la comprensione dei concetti e dei rischi finanziari unite alle competenze, alla motivazione e alla fiducia in se stessi per utilizzare tale conoscenza e comprensione al fine di prendere decisioni efficaci in un insieme di contesti finanziari, per migliorare il benessere finanziario delle singole persone e della società e consentire la partecipazione alla vita economica”.
Il paese che ha ottenuto i risultati più alti è Shanghai (Cina) dove in media gli studenti nelle prove di alfabetizzazione finanziaria hanno ottenuto un un punteggio medio di 603 punti, ossia 103 punti in più rispetto alla media dell’area dell’Ocse.
Fonte: Rai Edu Economia – Leggi l’articolo
Sul Corriere delle Sera Chiara Monticone dell’Ocse spiega: “L’alfabetizzazione finanziaria non è una materia come le altre. La sua introduzione è recente e molto variabile tra i singoli Paesi e poi non s’impara solo sui banchi. Questo tipo di competenze è legato anche al contesto familiare, a quanto si parla di soldi in famiglia, magari ai primi lavoretti part-time, ci contatti con prodotti finanziari di base come bancomat o conto in banca”
Fonte: Corriere della Sera – Leggi l’articolo
La famiglia risulta importante quindi non solo come contesto di relazioni affettive ma anche come ambito dove si dovrebbero acquisire le principali competenze per la vita.
Scritto da: Letizia ManninoMaltrattamenti sui bambini e aspettativa di vita
Fonte immagine Terre des hommes “Bambini maltrattati: in Italia circa 100.000 le vittime”
Non ci sarebbe bisogno di dati per sostenere che i bambini non vanno maltrattati. Ma recenti studi hanno dimostrato che i danni non sono soltanto a livello psicologico ma anche a livello biologico e organico e possono avere effetti a lungo termine.
Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Molecular Psichiatry i bambini maltrattati presentano telomeri più corti (i telomeri sono porzioni terminali dei cromosomi che si accorciano con il passare degli anni) e questo si può tradurre in un invecchiamento prematuro di 5-10 anni.
Parla dell’argomento un articolo pubblicato sul Corriere della Sera Salute. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che i casi reali di maltrattamento che includono molestie sessuali, abusi fisici, mancanza di cure, e anche abusi psicologici, atti di bullismo, stress da divorzio dei genitori o da perdita di uno di loro, presenza in famiglia di malattie mentali o tossicodipendenze sarebbero nove volte più numerosi di quelli segnalati.
Nel corso del congresso congiunto della Società italiana di pediatria (Sip), di quella di infettivologia pediatrica (Sitip) e di quella delle cure primarie (Sicupp) che si è svolto recentemente a Palermo Pietro Ferrara, professore di pediatria presso l’Università Cattolica e all’Università Campus biomedico ha illustrato alcuni fattori che possono contribuire a scatenere dei maltrattamenti: «È evidente che esistono contesti familiari in cui il rischio di maltrattamenti è maggiore: pensiamo, appunto, alle tossicodipendenze dei genitori o alla povertà. Ma ci sono anche condizioni del bambino che possono scatenare reazioni abnormi nell’ambito familiare. Piccoli con malattie croniche o disabilità o nati prematuri hanno bisogno di cure particolari che possono mettere in crisi i genitori. Ed è il pianto prolungato la condizione che spesso determina nel genitore una forma di frustrazione e di rabbia che culmina con un maltrattamento».
Alcuni studi, citati nell’articolo, hanno anche messo in evidenza la possibile relazione fra maltrattamenti e sviluppo di gravi patologie come il cancro, disturbi cardiaci ecc.
Fonte: Corriere della Sera, Salute – Leggi l’articolo
Risulta quindi evidente l’importanza, almeno per quei maltrattamenti che più facilmente si verificano nei contesti familiari, che i genitori vengano aiutati a comprendere i segnali dei bambini e a gestirli in maniera adeguata. Ma i genitori devono farsi anche aiutare a riconoscere quando i comportamenti del bambino scatenano loro rabbia e aggressività onde prevenire i maltrattamenti e trovare un modo per comprendere e fronteggiare questi sentimenti. Importante quanto riferiscono i pediatri circa la cosiddetta shaken baby syndrome (sindrome da bambino scosso), una delle principali cause di morte nel primo anno di vita. Il genitore agisce con l’intenzione di far zittire il bambino senza spesso essere consapevole della pericolosità di scuoterlo; secondo i dati riportati il 30 per cento dei piccoli scossi violentemente muore e l’80 per cento riporta gravi danni permanenti.
Scritto da: Letizia Mannino